Grazie alla plurisecolare e favorevole collocazione sull’Adda, accentuata dall’esistenza di un porto che propiziava gli scambi commerciali e che gli consentì, in epoche successive, di godere della condizione di "borgo franco", Pizzighettone divenne, in epoca medioevale, luogo di contesa tra i Comuni di Milano e Cremona.
Furono proprio i Cremonesi, nel 1133, a dare avvio alla costruzione di un castello sulla riva del fiume, a scopo difensivo, originando quella costante connotazione militare, tipica di un caposaldo di frontiera, che accompagnerà il centro abduano fino a tempi non molto remoti.
Passato a far parte del dominio visconteo, il borgo viene cinto da una cerchia di mura in laterizio e successivamente con Francesco Sforza, dichiarato "Terra Separata", direttamente dipendente dalla Cancelleria del Duca di Milano. Ad attestare le floride condizioni economiche raggiunte da Pizzighettone (allora chiamato Piceleo) in quel periodo, restano la facciata della chiesa di San Bassiano ed il Palazzo Comunale, risalente alla seconda metà del quattrocento, salvo più tarde modifiche.
Nei primi anni del Cinquecento, dopo alterne vicende, il borgo murato, conquistato dai francesi, rimane nelle loro mani sino a quando le sorti dell’insanabile conflitto tra la Francia e la Spagna per il predominio europeo volgono decisamente a favore di quest’ultima, cui Pizzighettone apparterrà per oltre un secolo.
A siglare l’importanza strategica della piazzaforte piceleonense anche per quell’epoca resta il fatto che, proprio entro le mura del suo munito ed imprendibile castello, venne rinchiuso prigioniero dal 27 febbraio al 18 maggio 1525 il re di Francia, Francesco I di Valois, dopo la sconfitta inflittagli a Mirabello di Pavia dall’esercito del re di Spagna Carlo V d’Asburgo. Della sua permanenza in riva all’Adda, il sovrano francese serberà comunque, un buon ricordo e, tornato libero, vorrà esprimere la propria riconoscenza verso l’amico Gian Giacomo Cipelli, colto parroco di San Bassiano, inviandogli alcuni preziosi doni, tra i quali il paliotto per l’altar maggiore, pregevole opera di arazzieri parigini, ancor oggi parte del patrimonio artistico della medesima chiesa.
Il destino <<marziale>> di Pizzighettone non venne meno neppure durante la dominazione spagnola e fu riconfermato quando, nel XVIII e nel XIX secolo, il paese subì le successive occupazioni degli Austriaci e delle truppe napoleoniche appartenendo, infine, di nuovo all’Austria fino all’Unità d’Italia.
Pizzighettone presenta l’unica cerchia di mura pressoché integra in provincia di Cremona ed una delle più importanti tra quante sono sopravissute in Lombardia. Raro esempio d’architettura militare, concepito agli inizi del Rinascimento e continuamente perfezionato, modificato nella successione dei camminamenti interni, o sotterranei, nell’articolata composizione dei volumi murari come nella localizzazione delle porte d’accesso o del Rivellino, costituisce uno straordinario documento storico ed un’indubbia attrattiva turistica.
La costruzione di un primo fortilizio circondato da fossato risale al 1133, unitamente alla realizzazione attorno al borgo di una doppia palizzata in legno, rinforzata all’interno da un terrapieno. Con l’arrivo dei Visconti, precisamente di Bernabò, nel 1370 fu eretta, su disegno di Raffaele Trabucco, la prima cerchia di mattoni, circondata da una fossa alimentata dalle acque dell’Adda e munita di quattro porte.
Tale assetto, ad eccezione della costruzione del Rivellino per volere di Cabrino Fondulo, nel 1404, era destinato a durare fin verso la metà del Quattrocento quando, in epoca sforzesca, per contrastare un’avanzata veneziana, si rese necessario provvedere ad un potenziamento della cinta fortificata, portato a compimento sotto la direzione di Guiniforte Solari. La maggior <<riforma>> della struttura venne, comunque attuata dagli Spagnoli, a partire dal 1585. L’architetto bolognese Pellegrino Pellegrini inglobò il preesistente giro di mura in una nuova cinta bastionata, escluso il lato lungo il fiume, per cui attualmente la
cortina muraria ha una sezione variabile da uno a tre metri, dato che anche successivamente venne irrobustita.
In età austriaca (1707–1859), dopo i notevoli interventi decisi da Carlo VI d’Asburgo, che portarono alla demolizione della cosidetta <<Gera Lodigiana>> e dell’antica chiesa di San Pietro in Pirolo, poi riedificata all’interno delle mura, nel penultimo decennio del Settecento, con Giuseppe II ebbe inizio un parziale smantellamento della fortezza pizzighettonese, interrotto solo durante l’effimera occupazione napoleonica. Durante la Restaurazione, infatti, contemporaneamente alla smilitarizzazione della piazzaforte, proseguì la demolizione del castello, già molto degradato da un incendio scoppiato nel 1801.
Sulla sponda destra, la borgata di Gera conserva quasi interamente la cintura muraria, caratterizzata, qui, da spaziose casematte a volta in laterizio, sovrastate da un verde terrapieno, come sul settore meridionale pizzighettonese.
Vi rimane, pure, un’antica polveriera, simile all’altra situata sulla sponda sinistra del fiume in prossimità di Porta Soccorso. Delle antiche porte, sopravvivono oggi in buone condizioni Porta Crema, lungo il Serio, Porta Cremona Nuova, al centro del paese e Porta Soccorso, in bella posizione sulla sponda dell’Adda.
Oggi, la cerchia delle mura, aperta al pubblico, conserva intatta la sua struttura meridionale, (di cui è possibile percorrere l’itinerario esterno ed interno) e tutta la parte che dall’ingresso al centro storico (via Marconi) raggiunge il Serio Morto, costeggiandolo fino all’Adda.
Particolarmente suggestive sono le passeggiate sul cammino della ronda lungo il settore che dà sul Serio e quella in fregio al fossato (oggi prosciugato) da Porta Cremona a Porta Soccorso, che permette una visione incomparabile dell’intero tratto sud orientale della cinta. Anche l’interno, caratterizzato da una sequenza di ampie casematte voltate ed intercomunicanti, presenta motivi di fascino, soprattutto nella zona del Rivellino.
Le numerose vicende storiche che costituiscono il passato di Pizzighettone ne hanno ovviamente condizionato anche lo sviluppo urbanistico, il cui volto appare oggi caratterizzato da un’impronta di sobria eleganza dell’edificato, fortunatamente poco compromesso da alterazioni recenti: il corso dell’Adda divide il centro antico in due parti, collegate da un ponte, ciascuna delle quali presenta una propria connotazione urbana. Sulla sponda sinistra, è il capoluogo vero e proprio, mentre sull’altra riva si distende la borgata di Gera.
All’interno del nucleo storico, il monumento assurto a simbolo di Pizzighettone è il Torrione, sopravvissuto alla distruzione del castello, in quanto documento della prigionia del re Francesco I° nel XVI secolo.
La merlata torre si erge possente a breve distanza dal ponte sull’Adda e, nelle due sale al piano terra e al primo piano, conserva lacerti di affreschi risalenti alle prime epoche del castello, che ne evidenziano il ruolo anche residenziale. La stanza al terzo piano ospita alcuni cimeli: una copia dell’armatura del re francese, una cassapanca e vari quadri alle pareti, con ritratti personaggi importanti per la storia locale, eseguiti dal Pollaroli.
Si dice che, proprio in questa stanza, il re abbia trascorso la sua prigionia.
Del distrutto Castello rimane, inoltre, la base di una torre, detta appunto <<Mozza>>, in piazza Cavour.
Di fronte alla chiesa, si erge il Palazzo Comunale, l’antica <<Domus Comunitatis>>, in cui si ritrovano tutti gli elementi caratteristici dell’architettura tardo-gotica, già rivestiti di una grazia rinascimentale.
*Testo tratto dal sito del Gruppo Volontari Mura
Furono proprio i Cremonesi, nel 1133, a dare avvio alla costruzione di un castello sulla riva del fiume, a scopo difensivo, originando quella costante connotazione militare, tipica di un caposaldo di frontiera, che accompagnerà il centro abduano fino a tempi non molto remoti.
Passato a far parte del dominio visconteo, il borgo viene cinto da una cerchia di mura in laterizio e successivamente con Francesco Sforza, dichiarato "Terra Separata", direttamente dipendente dalla Cancelleria del Duca di Milano. Ad attestare le floride condizioni economiche raggiunte da Pizzighettone (allora chiamato Piceleo) in quel periodo, restano la facciata della chiesa di San Bassiano ed il Palazzo Comunale, risalente alla seconda metà del quattrocento, salvo più tarde modifiche.
Nei primi anni del Cinquecento, dopo alterne vicende, il borgo murato, conquistato dai francesi, rimane nelle loro mani sino a quando le sorti dell’insanabile conflitto tra la Francia e la Spagna per il predominio europeo volgono decisamente a favore di quest’ultima, cui Pizzighettone apparterrà per oltre un secolo.
A siglare l’importanza strategica della piazzaforte piceleonense anche per quell’epoca resta il fatto che, proprio entro le mura del suo munito ed imprendibile castello, venne rinchiuso prigioniero dal 27 febbraio al 18 maggio 1525 il re di Francia, Francesco I di Valois, dopo la sconfitta inflittagli a Mirabello di Pavia dall’esercito del re di Spagna Carlo V d’Asburgo. Della sua permanenza in riva all’Adda, il sovrano francese serberà comunque, un buon ricordo e, tornato libero, vorrà esprimere la propria riconoscenza verso l’amico Gian Giacomo Cipelli, colto parroco di San Bassiano, inviandogli alcuni preziosi doni, tra i quali il paliotto per l’altar maggiore, pregevole opera di arazzieri parigini, ancor oggi parte del patrimonio artistico della medesima chiesa.
Il destino <<marziale>> di Pizzighettone non venne meno neppure durante la dominazione spagnola e fu riconfermato quando, nel XVIII e nel XIX secolo, il paese subì le successive occupazioni degli Austriaci e delle truppe napoleoniche appartenendo, infine, di nuovo all’Austria fino all’Unità d’Italia.
Pizzighettone presenta l’unica cerchia di mura pressoché integra in provincia di Cremona ed una delle più importanti tra quante sono sopravissute in Lombardia. Raro esempio d’architettura militare, concepito agli inizi del Rinascimento e continuamente perfezionato, modificato nella successione dei camminamenti interni, o sotterranei, nell’articolata composizione dei volumi murari come nella localizzazione delle porte d’accesso o del Rivellino, costituisce uno straordinario documento storico ed un’indubbia attrattiva turistica.
La costruzione di un primo fortilizio circondato da fossato risale al 1133, unitamente alla realizzazione attorno al borgo di una doppia palizzata in legno, rinforzata all’interno da un terrapieno. Con l’arrivo dei Visconti, precisamente di Bernabò, nel 1370 fu eretta, su disegno di Raffaele Trabucco, la prima cerchia di mattoni, circondata da una fossa alimentata dalle acque dell’Adda e munita di quattro porte.
Tale assetto, ad eccezione della costruzione del Rivellino per volere di Cabrino Fondulo, nel 1404, era destinato a durare fin verso la metà del Quattrocento quando, in epoca sforzesca, per contrastare un’avanzata veneziana, si rese necessario provvedere ad un potenziamento della cinta fortificata, portato a compimento sotto la direzione di Guiniforte Solari. La maggior <<riforma>> della struttura venne, comunque attuata dagli Spagnoli, a partire dal 1585. L’architetto bolognese Pellegrino Pellegrini inglobò il preesistente giro di mura in una nuova cinta bastionata, escluso il lato lungo il fiume, per cui attualmente la
cortina muraria ha una sezione variabile da uno a tre metri, dato che anche successivamente venne irrobustita.
In età austriaca (1707–1859), dopo i notevoli interventi decisi da Carlo VI d’Asburgo, che portarono alla demolizione della cosidetta <<Gera Lodigiana>> e dell’antica chiesa di San Pietro in Pirolo, poi riedificata all’interno delle mura, nel penultimo decennio del Settecento, con Giuseppe II ebbe inizio un parziale smantellamento della fortezza pizzighettonese, interrotto solo durante l’effimera occupazione napoleonica. Durante la Restaurazione, infatti, contemporaneamente alla smilitarizzazione della piazzaforte, proseguì la demolizione del castello, già molto degradato da un incendio scoppiato nel 1801.
Sulla sponda destra, la borgata di Gera conserva quasi interamente la cintura muraria, caratterizzata, qui, da spaziose casematte a volta in laterizio, sovrastate da un verde terrapieno, come sul settore meridionale pizzighettonese.
Vi rimane, pure, un’antica polveriera, simile all’altra situata sulla sponda sinistra del fiume in prossimità di Porta Soccorso. Delle antiche porte, sopravvivono oggi in buone condizioni Porta Crema, lungo il Serio, Porta Cremona Nuova, al centro del paese e Porta Soccorso, in bella posizione sulla sponda dell’Adda.
Oggi, la cerchia delle mura, aperta al pubblico, conserva intatta la sua struttura meridionale, (di cui è possibile percorrere l’itinerario esterno ed interno) e tutta la parte che dall’ingresso al centro storico (via Marconi) raggiunge il Serio Morto, costeggiandolo fino all’Adda.
Particolarmente suggestive sono le passeggiate sul cammino della ronda lungo il settore che dà sul Serio e quella in fregio al fossato (oggi prosciugato) da Porta Cremona a Porta Soccorso, che permette una visione incomparabile dell’intero tratto sud orientale della cinta. Anche l’interno, caratterizzato da una sequenza di ampie casematte voltate ed intercomunicanti, presenta motivi di fascino, soprattutto nella zona del Rivellino.
Le numerose vicende storiche che costituiscono il passato di Pizzighettone ne hanno ovviamente condizionato anche lo sviluppo urbanistico, il cui volto appare oggi caratterizzato da un’impronta di sobria eleganza dell’edificato, fortunatamente poco compromesso da alterazioni recenti: il corso dell’Adda divide il centro antico in due parti, collegate da un ponte, ciascuna delle quali presenta una propria connotazione urbana. Sulla sponda sinistra, è il capoluogo vero e proprio, mentre sull’altra riva si distende la borgata di Gera.
All’interno del nucleo storico, il monumento assurto a simbolo di Pizzighettone è il Torrione, sopravvissuto alla distruzione del castello, in quanto documento della prigionia del re Francesco I° nel XVI secolo.
La merlata torre si erge possente a breve distanza dal ponte sull’Adda e, nelle due sale al piano terra e al primo piano, conserva lacerti di affreschi risalenti alle prime epoche del castello, che ne evidenziano il ruolo anche residenziale. La stanza al terzo piano ospita alcuni cimeli: una copia dell’armatura del re francese, una cassapanca e vari quadri alle pareti, con ritratti personaggi importanti per la storia locale, eseguiti dal Pollaroli.
Si dice che, proprio in questa stanza, il re abbia trascorso la sua prigionia.
Del distrutto Castello rimane, inoltre, la base di una torre, detta appunto <<Mozza>>, in piazza Cavour.
Di fronte alla chiesa, si erge il Palazzo Comunale, l’antica <<Domus Comunitatis>>, in cui si ritrovano tutti gli elementi caratteristici dell’architettura tardo-gotica, già rivestiti di una grazia rinascimentale.
*Testo tratto dal sito del Gruppo Volontari Mura